Intervista a Enrico Mazzone

Onestamente non so nemmeno che forma abbia, il Sud della Finlandia.

– Cercala, è una gonna. Sotto questa gonna ho disegnato una ragazza che disegna l’intera storiaritratta nei primi metri di tela. Il prosieguo si è incentrato sul Kalevala, l’epos nazionale finlandese,per andare poi verso un mio ritratto, che quindi confluisce nella rappresentazione del rapporto cheavevo allora con la donna che è stata la mia musa. Ora questo rapporto è finito, ma nulla è andatoperso, perché se non ci fosse stato il rapporto, oggi non ci sarebbe il disegno. Quel che ormai nonc’è più è stato salvato dal disegno. L’audacità dell’opera si è venuta determinando a partire dallarelazione, dall’amore, anche se poi si è evoluta in altro.

Il tuo tratto è molto particolare, ricorda un arabesco ma è denso di figure che si mescolano, di particolari che si fondono e generano un insieme. Questo insieme poi commenta il
particolare e da questi si fa commentare.

– In Accademia mi sono specializzato in scenografia e non ho potuto seguire i corsi di incisione,che invece mi ha sempre affascinato, ad esempio nei bestiari medievali. Cerco quindi di riprodurrel’impressione dell’incisione attraverso il disegno. Per cui utilizzo la matita tappettando in modo dadelineare silhouette ibride, un calderone di immagini in cui immergo il fantastico e il realemescolandoli lentamente, come per cucinare qualcosa da far gustare all’osservatore. Quel checambia di volta in volta è la composizione, ma il desiderio di incidere la carta con la matita miaccompagna nel mio percorso artistico sin dall’inizio.

Qual è la differenza fondamentale tra disegnare un foglio lungo 100 metri e disegnare
invece 100 fogli da un metro?

– Ho iniziato con tele di dimensioni “normali”. Pian piano mi sono reso conto che i fogli nonbastavano, dovevo inserire sempre più mostri, sempre più alberi, paesaggi, barbe, capelli, linee,puntini, ombre. Tante forme da equilibrare in sfumature pesanti e leggere. Il mio tratto si è fatto viavia più sobrio, per cui oggi posso inserire anche elementi canonici, come elementi espunti dalladivina Commedia. Il mio tratto simula l’esperienza visiva dell’incisione, per trasmettere l’idea chevedere da vicino o da lontano siano esperienze simili. Non è iperrealistico, ma è comprensibile. Aun certo punto mi è stato chiesto, per aumentare l’intelligibilità, di tagliare la tela, di dividerla infogli da esporre agevolmente all’interno di una mostra canonica. Tuttavia, credo che il flussografico tracci il flusso dei pensieri: anche in una serie di disegni di 50 centimetri per 70 centimetric’è un flusso di pensieri, ma i tagli li incorniciano e li delimitano, li sedimentano, perdono vita; inun foglio unico, invece, questo non può capitare. Ogni foglio ha una sua anima, una sua struttura,una sua identità. Tagliare questo papiro semichilometrico implicherebbe recidere un intero. Se nonfosse possibile un’esposizione lineare, allora penserei a un ciclorama, un percorso circolare con laparte disegnata rivolta verso l’esterno (il contrario sarebbe claustrofobico).